La lentezza

Le pagine del libro “La Lentezza” di Kundera hanno accompagnato i momenti di “pausa” dello scorso weekend…

Nella matematica esistenziale questa esperienza assume la forma di due equazioni elementari: il grado di lentezza è direttamente proporzionale all’intensità della memoria; il grado di velocità è direttamente proporzionale all’intensità dell’oblio
(Milan Kundera)

photo: "Desert Tortoise" courtesy of .: sandman
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In un dibattito a cui ho avuto l’immensa fortuna di partecipare pochi giorni fa, Latouche ha ricordato alcuni aneddoti risalenti al periodo in cui si occupava di redigere il bilancio del piccolo stato del Laos.
Latouche si trovava in Laos in quel periodo ai margini della guerra del Vietnam. Il paese era martoriato dagli “effetti collaterali” di continue battaglie che si dovevano svolgere poco più in là… territorio da tutti fino ad allora ignorato che si è trovato risvegliato da un’ondata di civiltà.
Una volta i contadini del Laos avevano di che vivere lavorando pochi giorni all’anno… poco più di qualche decina di giornate dedicate alle piccole attività agricole sufficienti a vivere degnamente e alla coltivazione del riso.
Quando Serge gli chiedeva cosa facessero durante il giorno essi rispondevano con una amabile serenità “Ascolto il rumore del riso che cresce“… lentamente.

La lentezza e la pausa erano anche alcuni dei temi ricorrenti nel libro “Leadership riflessive” …la riflessione ha bisogno del suo tempo di incubazione per trovare la giusta ispirazione.
Invece continuamente ogni giorno cerchiamo di tempestarci di attività, riempiamo i nostri calendari di outlook, ci tuffiamo nel raggiungere il nostro obiettivo e non pensiamo… non ascoltiamo il riso, l’ambiente che ci circonda, le persone che abbiamo accanto.

Bauman in un libro che ho letto di recente, delinea da prospettive simili quest’uomo moderno, schiavo di un nuovo imperativo cartesiano: “Consumo, dunque sono”. Allo stesso tempo “merce e mercante di se stesso”; intento a costruire il proprio curriculum; a riempire il proprio profilo di Facebook come se fosse uno scaffale, solo per rivendere un’immagine artefatta di se stesso.
Un uomo che “diviene” in un tempo di “questo attimo ed istante”, delle soddisfazioni “subito ed ora”, di un tempo che è diventato una successione di istanti “adesso“… mentre al contrario solo 30 anni fa ci raccontavano la storiella della formica e della cicala; del risparmiare oggi per goderne domani.

Per questo spostamento all’estremo opposto forse oggi siamo diventati schiavi delle soddisfazioni immediate, del nuovo sogno che ricorriamo ancora prima di averlo messo a fuoco, delle carte di credito, della casa chiavi in mano anche se il muto sarà finito di pagare tra 20 anni.
Riflettiamo il nostro io nelle cose che possediamo ora e nelle attività che facciamo, spersonializziamo la nostra identità, ci immortaliamo in centinaia di autoscatti che pubblichiamo su internet, diventiamo individualisti e rimuoviamo dalla nostra sfera di valori la cooperazione e l’aiuto reciproco perché non abbiamo più tempo per gli altri e per i nostri vicini di casa.
Quante volte negli ultimo anno avete detto malinconicamente ad un amico “purtroppo non ho tempo” ?

Forse serve solo rallentare… rallentare lo spirito e poi aspettare che il corpo vi si adatti… oppure come dice Latouche aspettare che un sonoro “calcio nel culo” ci faccia risvegliare.

Viviamo in un mondo schiavo dall’obsolescenza programmata dei prodotti che ci spingono ad acquistarne sempre di nuovi, ad inseguire le mode, pronti ad ascoltare un istinto codardo e ingannevole guidato da un voce inconscia schiava dei bombardamenti pubblicitari… una forma di tossicità della nostra società che nessuno osa proibire e rendere illegale.

“Nuove regole finanziarie” chiedono gli economisti… aggiungere nuovo denaro al circolo virtuoso/vizioso dell’economia propongono come soluzioni le manovre economiche degli stati per far girare di nuovo più veloce la ruota dell’economia che non deve “rallentare”.

“Siamo tossicodipendenti” dice Latouche quando rapporta l’uomo all’idea di sviluppo.
“Siamo tossicodipendenti dell’idea di consumo” si ritrova tra le parole di Bauman.

Tanti anni fa lessi il libro di Bertrand Russell “L’elogio dell’ozio” …dal titolo che già si fa intendere da solo.

I romanzieri, i sociologi, gli economisti/antropologi, i coach/manager e i filosofi/matematici si ritrovano accumunati da un filo conduttore… quindi mi viene il dubbio che questa volta qualcuno abbia ragione.

La nostra epoca é ossessionata dall’idea di dimenticare, ed é per realizzare tale desiderio che si abbandona al demone della velocità; se accelera il passo é per farci capire che é stanca di se stessa, disgustata di se stessa; che vuole spegnere la tremula fiammella della memoria

…così scrive Kundera nel suo libro che si chiude con l’elogio del giovane cavaliere reduce dell’amore che cammina “lento” verso la carrozza che lo riaccompagna a casa… e che ho finito di leggere velocissimamente tutto d’un fiato domenica sera. Negli ultimi tempi preferisco svegliarmi presto la mattina: prepararsi con tranquillità; allungare oziosamente il percorso che porta in al lavoro passando da un bar non troppo lontano e poco affollato in cui si può leggere il giornale; appena arrivati in ufficio, in ampio anticipo, ancor prima di sedersi fare un giro alla “macchinetta del caffè con vista” del primo piano… e cominciare così la giornata con molta più tranquillità.

Meglio ogni tanto mettersi in pausa e ripercorre gli irriverenti sentieri della vita, rallentando …anche se un po’ confusi.