Come sopravvivere allo sviluppo

Vi lascio questo Natale con un messaggio che prende spunto e cita ampiamente un libro che ho avuto occasione di leggere.

Come sopravvivere allo sviluppo è un libro di Serge Latouche che mette in discussione il concetto di sviluppo nelle società moderne.

Le parole si radicano in una storia; solo legate sono legate a rappresentazioni che il più delle volte sfuggono alla coscienza dei locutori, ma che fanno presa sulle nostre emozioni. Ci sono parole dolci, parole che rinfrancano il cuore, parole che feriscono. Ci sono parole che mettono un popolo in fermento e sconvolgono il mondo. E poi ci sono parole veleno, parole che si infiltrano nel sangue come una droga, pervertono il deiderio ed oscurano il giudizio. Sviluppo è una di queste parole tossiche.
Il problema con il concetto di sviluppo è che si tratta di una parola plastica. Quello di sviluppo è un concetto trappola, spesso nemmeno presente nei linguaggi e nelle culture del mondo non occidentalizzato.

Esso riesce in maniera ammirevole a fare il lavoro di mistificazione ideologica mentre espressioni come accumulazione del capitale, sfruttamento della forza lavoro, imperialismo occidentale o dominio planetario, che potrebbero in maniera altrettanto corretta descrivere la verità attuale dello sviluppo e della mondializzazione, provocherebbero giustamente un riflesso di rifiuto da parte di coloro che secondo Latouche si trovano dalla parte sbagliata della guerra economica mondiale.

Sviluppo sostenibile, sviluppo sociale, sviluppo integrato, sviluppo umano, sviluppo locale, sviluppo durevole… Lo sviluppo ha di recente rivestito abiti nuovi che soddisfano i criteri di organizzazioni internazionali quali la banca mondiale e il fondo monetario internazionale. Ma la logica economica è rimasta la stessa e il modello di “sviluppo” dell’ortodossia neoliberale resta predominante.

In effetti queste ridefinizioni dello sviluppo riguardano spesso la cultura, la natura e la giustizia sociale. Si tratta però di tentativi di guarire una malattia dello sviluppo che si vorrebbe accidentale e non congenita.

Lo sviluppismo tradizionale si basa sul presupposto che sia possibile ottene prosperità materiale per tutti, cosa che sappiamo essere dannosa ed insostenibile per un pianeta con limiti finiti.

In nome dello sviluppo la natura e le comunità umane vengono sfigurate e subiscono l’estinzione e la morte. Secondo Serge Latouche bisogna rimettere in discussione i concetti di crescita, bisogni fondamentali, tenore di vita e decostruire il nostro immaginario economico e concepire una società della decrescita serena.

In un mondo in cui l’ossessione del PIL è diventato l’indicatore principale di misura della civiltà, in cui i bisogni delle masse sono costituiti da imposture, di fronte alla mondializzazione abbiamo il bisogno di concepire una società in cui i valori economici cessano di essere centrali.

Orwell immaginava un pianeta tormentato dalla guerra continua per mantenere gli equilibri sociali, per Latouche è necessario ripensare alle basi filosofiche dell’economia o senza mezzi termini uscire dall’economia occidentalizzata. Economia del dono, decrescita conviviale e localismo sono le possibili vie da analizzare in ricerca di una nuova soluzione.

Abbiamo bisogno di rinunciare a questa folle corsa verso un consumo sempre maggiore. Questo non è necessario solo per evitare la distruzione definitiva dell’ambiente terrestre, ma anche per uscire dalla miseria pisichica e morale degli essere umani contemporanei. Dobbiamo arrivare ad una vera e propria “decolonizzazione dell’immaginario” ed una “de-economizzazione” degli spiriti, necessarie per cambiare il mondo prima che che il cambiamento del mondo ci condanni.

Il libro di Latouche contiene molte belle argomentazioni, tante conclusioni estreme che si possono più o meno condividere… comunque una bella lettura.

Infine qualche link per approfondire:
http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=1102
http://www.trentinocooperazione.it/article/articleview/1323/1/41/
http://www.rprogress.org/newprojects/gpi/index.shtml
http://www.decrescita.it/
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